BAMBINI TREMATE: E’ ARRIVATO IL GENITORE COACH!

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C’erano una volta mamma e papà.

Mamma si prendeva cura di noi, ci rimboccava le coperte e ci raccontava le favole. Papà dava gli ordini, dettava le regole e, nel caso non ci fossero chiare, ci menava per rendere incisivo il messaggio.

Così si potrebbero riassumere, in grandi linee, quasi 2000 anni di storia della pedagogia, dall’Impero Romano in avanti. L’unico modello di genitore, era

il genitore autoritario.

Poi è arrivato David Copperfield, e tutti hanno iniziato a chiedersi se fosse davvero giusto che un bambino venisse maltrattato e malmenato nella speranza di educarlo. Così lo sfortunato protagonista di Charles Dickens è diventato il simbolo di un’educazione rigida e violenta dalla quale – grazie al cielo – un po’ alla volta ci siamo liberati. Il padre-padrone non esiste più, e se c’è, non è certo ben visto.

Con chi sostituirlo allora?

Ma è ovvio:

il genitore permissivo!

Dagli anni ’50 in poi, il Dr. Spock ci ha regalato mezzo secolo di suggerimenti improntati sul modello “zero-regole“: assecondare il bambino in tutte le sue esigenze, volontà, desideri (e capricci).

Il permissivismo sfrenato del dottore (attenzione, non stiamo parlando di quello con le orecchie a punta della nota serie tv), pare non sia stato apprezzato solo dai suoi figli che lo hanno definito “un padre freddo e distante“.

Ad ogni modo il pediatra americano ha inciso profondamente su chi è diventato genitore dagli anni ’50 in poi e, a tutt’oggi, incontriamo mamme e papà convinti di fare del loro meglio lasciando fare ai figli tutto quello “che loro si sentono di fare“. Ovviamente, però, non lasciano fare a noi “tutto quello che ci sentiamo di fare” su di loro e sui loro figli.

Con il passare degli anni i modelli di riferimento sono cambiati e, ovviamente, è arrivata la TV. “Una mamma per amica” ci ha proposto un nuovo modello fresco, giovane, accattivante; insomma: bellissimo. Lorelai e la figlia Rory che per ore ed ore parlano confidandosi ogni minimo segreto; così la mamma non fa più la mamma, ma diventa un’amica, una confidente (e magari si dimentica anche per un po’ di quanti anni ha).

Fortunatamente, il più delle volte, il figlio adolescente non ci pensa proprio a condividere ogni dettaglio della sua vita con i genitori, ed è lui stesso che mette fine all’epoca del “genitore amico” ristabilendo i ruoli (grazie, figlio adolescente).

E proprio quando pensiamo di aver ormai sventato l’ultimo tentativo di fuga di mamma e papà, ecco che appare lui:

il genitore coach.

Finalmente anche noi, generazione X, abbiamo il nostro trend, un nuovo modo per non essere né mamma né papà: il genitore coach!

E’ una moda che parte da lontano, dagli studi (validi, peraltro), portati avanti dalla PNL (Programmazione Neuro Linguistica), e divulgati dai vari guru-motivatori internazionali.

Sono nati i coach per gli sportivi, poi per i business man, poi i life-coach e infine la drammatica, micidiale unione, il genitore coach: un Frankenstein di teorie, posizionato molto lontano da quello che un genitore dovrebbe essere.

Il problema è che, come tutte le mode, vende, fa marketing, e ascoltare un coach è più trendy;

poco importa  se il “genitore coach” abbia le competenze, l’esperienza e le caratteristiche per insegnarti a fare il genitore.

E se anche fosse un bravo coach, uno di quelli preparati, uno di quelli che ti fa ottenere risultati, l’ultima cosa che un figlio vuole, è avere un genitore che gli fa da coach.

Perché?

Il primo motivo è che il coach, per definizione, aiuta a risolvere problemi che altri hanno generato. Il genitore il più delle volte, è proprio all’origine di quei problemi: li ha creati; è lui la fonte e non può certo avere la lucidità per vedere la situazione da un punto di vista esterno. Sarà sempre, inevitabilmente coinvolto e poco oggettivo, e il suo comportamento sarà limitante e rischioso (è il motivo per cui, molto banalmente, nessun terapeuta o medico prenderebbe mai in cura proprio figlio).

Il genitore poi ha nel suo ruolo il dovere di dare dei limiti, indispensabili per la crescita del figlio. Il compito del figlio, dal canto suo, è quello di provare a infrangerli; infine il coach è colui che spinge il proprio allievo a superare i suoi limiti.

Quindi un genitore coach che fa? Da’ dei limiti e poi spinge il figlio a infrangerli? 😀

Parliamo poi dei famosi obiettivi: un coach dovrebbe aiutare la persona a definire le modalità dei traguardi che vuole raggiungere. E se il traguardo di tuo figlio appena diciottenne fosse “Lasciare gli studi e andare via di casa” o “Trasferirsi all’estero con la nuova ragazza appena conosciuta”? Saresti davvero in grado di aiutarlo a definire e portare a termine questo obiettivo?

O non saresti forse (umanamente) tentato dal cercare di fargli cambiare idea?

Attenzione anche al cosiddetto “linguaggio motivazionale”. Frasi come “SICURAMENTE CI RIUSCIRAI!” o “NON ESISTONO PROBLEMI, SOLO SOLUZIONI!” non sono sempre la scelta migliore.

E’ ovvio che un genitore faccia del suo meglio per sostenere e incoraggiare il figlio, e che lo spinga a ottenere risultati. D’altro canto, uno dei suoi compiti più importanti è quello di rasserenare e accogliere in caso d’insuccesso. Frasi del genere non solo non creano buoni presupposti, ma generano un’ansia da prestazione spesso ingestibile per i ragazzi. Gli errori e, perché no, i fallimenti, fanno parte del processo di crescita; non l’ossessiva ricerca del risultato.

Prova a immaginare un povero adolescente che già deve confrontarsi con le richieste, spesso esasperanti, della scuola o degli allenatori, e per il quale l’unico ambiente senza tensioni dovrebbe essere la famiglia.

E invece si ritrova con questo nuovo carico di aspettative da parte dei genitori, che vedono in lui non più un figlio, ma qualcuno da motivare.

Mi rendo conto che per un genitore è difficile assumersi SEMPLICEMENTE la responsabilità del proprio ruolo, forse perché la responsabilità richiede di mettersi in gioco davvero.

Cosa fare, allora, per tirar fuori il coraggio e cercare di fare del proprio meglio, semplicemente come genitori ?

Due sono i punti chiave: COERENZA e capacità di stabilire LIMITI e REGOLE CHIARE.

Per coerenza non intendo non sbagliare mai, ma cercare di portare avanti gli insegnamenti che cerchi di dare a tuo figlio attraverso l’esempio.

Sai anche quanto le regole siano importanti per noi in questo processo. Come detto da Alessandro in un precedente articolo (I BAMBINI HANNO BISOGNO DI REGOLE), è importante che le regole siano decise a priori, condivise, adeguate all’età e di semplice attuazione. E soprattutto, nel caso in cui una regola non venga rispettata, deve esserci SEMPRE una conseguenza. E sei tu ad avere il compito di metterla in atto!

Basta con i genitori amici, i genitori permissivi e questa bella trovata dei genitori coach. Basta con le scuse per scappare dal proprio ruolo perché è troppo difficile essere “solamente” genitori.

E non ve lo dico io, ve lo dice Silvia, che ha 16 anni e quando ha le ho chiesto che ne pensava di questa nuova moda, si è messa le mani nei capelli e mi ha risposto “Mia mamma coach??? Ti prego, tutto, ma pure questo no!”

Alla prossima!

Paola

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