BASTA, MI ARRENDO: DAMMI TU LA SOLUZIONE!

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Quasi tutti i giorni nel nostro gruppo Facebook “W LA DISLESSIA!” (questo il link se ancora non lo conosci o non sei iscritto: https://www.facebook.com/groups/721839084626445/) appaiono giochi di osservazione, creatività e linguaggio.

Io che ne pubblico la maggior parte sicuramente mi diverto tantissimo, le persone che partecipano un po’ meno (o meglio, arrivano a divertirsi dopo aver attraversato una vasta gamma di emozioni, e in genere dopo che vengono spiegate le soluzioni).

In questi esercizi, che sono quasi sempre attività di problem solving, ogni persona ha la possibilità di sperimentare quanto sia complicato apprendere; molto spesso viene voglia di mollare, ma alla fine prevale il desiderio di tenere duro.

In fondo, i giochi non sono altro che un modo per conoscersi e molto spesso ci mettono di fronte a delle frustrazioni anche importanti, che possono diventare vere e proprie paure o improvvisi blocchi.

Ho parlato dei giochi e della loro importanza anche in questo articolo:

https://www.wladislessia.com/il-gioco-dellapprendimento/

Ad esempio: nella foto di apertura dell’articolo bisogna riuscire a riconoscere la figura di un animale (ed è tutt’altro che facile!); vediamo come te la cavi tu. Attendo che nei commenti al blog tu mi scriva l’animale di cui stiamo parlando.

Quando pubblico giochi come questo sul gruppo di W LA DISLESSIA!, nonostante le “suppliche” che ricevo, inizialmente non do mai una grossa mano: ovviamente la cosa è voluta, non per cattiveria, ma per permettere alle persone di mettersi alla prova e cercare nuove strade e nuove soluzioni.

Se decidessi di dare subito più aiuti non farei bene il mio lavoro, perché sarebbe come fornire una scorciatoia per il risultato. Peccato che quella scorciatoia porterebbe ad almeno due conseguenze negative:

  1. Senso di incapacità (ecco vedi lui lo sa e io no);
  2. Inefficacia dell’esercizio.

Il senso di incapacità è quello che prova ogni figlio quando qualcuno, mamma e papà ad esempio, fa le cose al posto suo, magari aggiungendo frasi tipo “lascia stare, faccio io che è meglio” oppure “possibile che non hai capito quello che ti ho detto”…

Ma lo stesso senso di incapacità lo prova un genitore quando il proprio compagno/a lo fa sentire inadeguato con frasi simili, oppure quando un insegnante se ne esce con frasi tipo “ma a casa lo seguite questo bambino?”.

Di conseguenza – e passiamo al secondo punto – se io faccio le cose al posto di qualcun altro produco un effetto sicuro: la persona non impara a fare da sola!

La parte più bella per me e utile per chi fa un esercizio del genere è proprio sforzarsi di riuscire, a costo di non farcela.

Qualche tempo fa Paola ha messo i partecipanti del nostro gruppo alla prova con i ditloidi (tu magari mi chiederai: “ma cosa cacchio sono i ditloidi???”) e il risultato è stato fantastico!

Vuoi metterti alla prova anche tu? Clicca qui per partecipare: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10208673703268489&set=gm.785800808230272&type=3&theater

Sono sicuro che ti potrà capitare di sentirti INCAPACE, FRUSTRATO, INADEGUATO, o perfino STUPIDO (“ecco, come al solito non capisco nulla!”): insomma potrai cominciare a mandarti quei messaggini utilissimi per affossare sempre di più la tua idea di te stesso.

Ma quante volte, allo stesso modo, ti capita di vedere tuo figlio che non capisce e di non riuscire a capire perché sia così difficile? Quante volte ti capita di arrabbiarti perché non riesce? Come se facesse apposta! E di questo ho parlato invece qui: https://www.wladislessia.com/la-verita-e-che-non-ti-impegni-abbastanza/

Ecco: l’esercizio che stiamo facendo assieme serve proprio a questo! Serve a farti provare come ci si sente quando non si capisce, e a capire quanto si sta male quando ci si sente incompresi. E solo provandolo sulla tua pelle – anche attraverso la scusa di un gioco – puoi realmente comprendere cosa evitare di fare con tuo figlio.

Un altro aspetto interessante di quando si è in uno stato di FRUSTRAZIONE/TENSIONE è che si è talmente paralizzati in quelle sensazioni, che non si colgono nemmeno i suggerimenti.

  • Io genitore andavo bene a scuola e non capisco come si possa non capire (FRUSTRAZIONE);
  • Io genitore andavo malissimo a scuola e mi sento colpevole se anche mio figlio fatica (FRUSTRAZIONE).

Il denominatore comune è la frustrazione, che poi riverserai su tuo figlio.

Quante volte sembra che i figli non ascoltino i tuoi suggerimenti durante i compiti? Quante volte ti sembra impossibile che quello che stai dicendo sia così poco chiaro?

Quando siamo in quello stato d’animo è IMPOSSIBILE ASCOLTARE! Sentiamo anche i suggerimenti, oppure -come nel caso dei giochi che facciamo- leggiamo i messaggi, ma non riusciamo a comprendere realmente quello che viene detto, perché siamo completamente immersi nei nostri pensieri e nel nostro “IO ‘STA COSA NON LA SO FARE”!

La differenza tra me, che lo faccio per lavoro da anni, e te è solo una: io ne sono CONSAPEVOLE! E il mio lavoro è quello di rendere consapevoli le persone con cui mi relaziono.

Con esercizi come quelli che proponiamo voglio far sì che anche tu diventi consapevole di quanto spesso ci “inguaiamo” con i nostri pensieri e non facciamo attenzione a quello che realmente sta succedendo.

L’altra consapevolezza da raggiungere è che non siamo tutti uguali e che possiamo anche accettare di non saper fare alcune cose (oppure che riusciamo a farle con tempi diversi).

I meccanici della Ferrari cambiano le gomme delle auto da corsa in un tempo di massimo 3 secondi: io non saprei mai come fare, ma ne sono consapevole e di certo non mi crea frustrazione (non solo, nel caso succedesse preferisco chiamare l’ACI).

Ci sono persone bravissime a fare i calcoli a mente, altre no: ma perché devi martoriarti se quella cosa non riesci a farla con facilità? Prenditi il tuo tempo, ragiona e se ti serve scrivi il calcolo su un foglio di carta: non se ne avrà a male nessuno!

Magari mi dirai: “la fai facile tu!”. E io ti rispondo che non è facile, ma se vivi con l’idea di essere incapace non sarà neanche difficile, ma impossibile! E a un certo punto smetterai di tentare.

Poi voglio capire, in quel caso, con quanta coerenza potrai dire a tuo figlio o a un tuo allievo: “tieni duro”, “non mollare”, “vedrai che con calma ce la farai!”.

Allora prova, buttati, mettiti in gioco: non conta arrivare al risultato finale, conta far girare le meningi, fare fatica, impegnarsi e permettere al tuo cervello di fare stretching!

E la domanda a quel punto sarà: “cosa ho imparato oggi”? E anche “cosa posso imparare da dei giochi – apparentemente – semplici?”

La risposta la lascio a te, ma mi aspetto di vederla scritta! E ricordati che crescere è un ca**o di problema: è difficile, ma è quella difficoltà che ti rende quello che sei e che renderà tuo figlio quello che sarà.

Il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé.” – Pablo Neruda

A presto!

Alessandro

 

 

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