PERCHÈ PUBBLICARE I VOTI DI TUO FIGLIO SU FACEBOOK È UNA CAZZATA!

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“…oggi devo parlarvi di mio figlio! Ha preso 8 in storia, 9 in italiano, 7 in matematica: orgogliosa di lui!”

Questo è solo uno dei tanti post che popolano le bacheche di Facebook in questo periodo.

Mamme, soprattutto, e papà che si gonfiano come pavoni parlando dei risultati scolastici dei figli, come se ci fosse una gara a chi è più BRAVO!

E sai che c’è? A tuo figlio non interessa nulla! Anzi potrebbe pure dargli fastidio che si metta in vetrina qualcosa che dovrebbe essere lui a scegliere di pubblicare.

Pensaci un attimo: quanti studenti pubblicano i loro voti online? Osserva cosa fanno, osserva quanto quello sia l’ultimo dei loro pensieri.

E allora: perché dovresti essere tu a vivere questo momento intimo come una rivalsa nei confronti di qualcosa?

Le motivazioni per questo tipo di comportamento possono essere molteplici, ma mi limito a dirtene tre:

  • Io a scuola andavo male e oggi vinco se vedo i risultati di mio figlio;
  • I voti lo faranno sentire accettato dagli altri;
  • Con tutto quello che ha passato, ora gliela facciamo vedere noi a quelli che non hanno creduto in lui.

Partiamo dalla prima, una delle più presenti.

Molto spesso, oserei dire troppo, incontro genitori che hanno avuto esperienze negative con la loro scuola: andavano molto male oppure si sentivano ben poco considerati dalla famiglia.

E allora “siccome io ho patito tanto, finalmente oggi posso avere una rivincita”.

Il genitore che appartiene a questa tipologia, mette in atto diversi comportamenti, alcuni funzionali e altri meno:

  • Seguo mio figlio con attenzione
  • Spingo perché abbia un’istruzione valida, proprio perché io non ce l’ho fatta
  • Aiuto mio figlio a costo di fare le cose al posto suo
  • Pretendo che lui studi tanto perché “io so cosa vuol dire andare male
  • I risultati scolastici per me sono TUTTO

Certo, non c’è nulla di male a seguire il proprio figlio con attenzione (soprattutto se ha difficoltà di apprendimento), anzi è un merito desiderare che possa avere una buona preparazione scolastica.

Ma se si finisce per proiettare le proprie aspettative su di lui, per mettere il risultato al centro di ogni momento insieme, il rischio di rovinare la vostra relazione è molto alto.

Si comincia con il voler aiutare perché magari si riscontra qualche difficoltà e ci si ritrova a sostituirsi completamente al lavoro dello studente. Così si perde di vista l’obiettivo finale, che è quello di avere uno studente preparato, ma allo stesso tempo autonomo.

Lo so:

è una linea molto sottile quella che separa il sostegno eccessivo da quello necessario per chi ha delle difficoltà.

In questo modo, però, si ottiene un effetto collaterale non da poco: un po’ alla volta i ragazzi non sono più in grado di organizzarsi e di riconoscere quello che gli serve per essere preparati perché c’è sempre stato qualcuno che ha fatto le cose al posto loro.

La seconda motivazione è quella che mi lascia più stupito.

Quando andavo a scuola io, chi prendeva bei voti era considerato secchione, asociale ed era escluso dal gruppo (non che fosse una bella cosa beninteso). Ora pare ci sia un rovesciamento:

fin troppo spesso parlo con mamme che sono terrorizzate dal fatto che i figli possano essere messi in disparte se non prenderanno bei voti. La paura non è solo per il giudizio degli insegnanti, ma anche dei compagni.

Già è dislessico e pensano che sia stupido, almeno se prende bei voti potranno capire che non lo è”.

La tua idea sull’intelligenza di una persona si basa veramente solo su un risultato scolastico?

Un risultato che peraltro si può modificare dall’oggi al domani: quante volte avrai sentito parlare di ragazzi che vanno benissimo (o malissimo) in una materia e cambiando l’insegnante cambiano anche tutti i loro voti!

O forse sei TU che ti senti in difetto se tuo figlio non ottiene i risultati che TU vorresti?

E, viceversa, quando i risultati arrivano, ti senti in dovere di condividerli con più persone possibili per dimostrare che sei un buon genitore?

La terza e ultima motivazione è quella che, credimi, a tuo figlio interessa di meno.

Capisco bene che probabilmente avrai dovuto passare le “pene dell’inferno” a scuola: frustrazioni, ingiustizie, fatica e poca comprensione magari sono stati gli ingredienti principali della vita scolastica di tuo figlio (se è dislessico ancora di più).

E allora: “siccome alle elementari, figlio mio, hai patito tanto, alle medie dimostrerai che sarai più bravo!

Ogni 7 che prenderai sarà una rivincita, un miracolo da dover pubblicare per ricordare al mondo che, nonostante le tue difficoltà, contro tutti e contro tutto ce la farai“.

Ma se non facciamo altro che dire che la dislessia non ha niente di “anormale”, perché i risultati di tuo figlio sono considerati insoliti eventi da festeggiare (come se fossero episodici e non il semplice frutto dell’impegno e del lavoro)?

E quindi, in coda al supermercato, sulla bacheca di facebook, a cena con gli amici, al telefono con la nonna: ogni occasione sarà buona per glorificare i suoi risultati.

Ma la domanda è:

ti sei mai chiesto cosa ne pensa tuo figlio di tutto questo?

Hai mai osservato cosa succede quando hai ospiti a casa e ti ostini a tirare fuori l’album delle fotografie mostrando a tutti le immagini di tuo figlio che faceva il bagnetto nudo con le paperelle? Ti sei chiesto perché corre a nascondersi in camera sua, si imbarazza e diventa rosso come un peperone? Perché quelle immagini sono SUE, riguardano lui e la sua intimità, momenti privati che a nessuno piace rendere pubblici, a meno che in prima persona non ne senta il desiderio. E con i voti è un po’ la stessa cosa: sei proprio sicuro che a lui vada di condividerli?

Anche perché, se fosse così, sarebbe lui il primo a farlo, non trovi? Eppure non vedo nessuno studente condividere su Facebook i risultati scolastici.

Nonostante tutto, ti do il beneficio del dubbio, ma facciamo un patto:

ogni volta che metterai su internet il voto di un’interrogazione o di una verifica di tuo figlio, lo autorizzerai a pubblicare sul nostro gruppo (https://www.facebook.com/groups/wladislessia):

  • I tuoi appuntamenti in palestra (fatti veramente);
  • Il numero di libri che ti eri ripromesso di leggere (magari durante le vacanze);
  • I risultati della tua dieta (con foto della bilancia).

Quel brivido che senti adesso lungo la schiena alla sola idea che possa capitare è lo stesso che prova tuo figlio ogni volta che vede i suoi voti sbandierati in giro.

Ricorda che la scuola è di tuo figlio, non tua, e non è così importante come tu ti ostini a credere.

Parla soltanto quando sei sicuro che quello che dirai è più bello del silenzio!” – Anonimo

A presto!

Alessandro

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