VOTI SCOLASTICI: PERCHÉ CON LE LETTERE CONTINUERANNO A DARE I NUMERI!

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Da qualche giorno rimbalza su web (e anche sul nostro gruppo) la notizia, non sappiamo ancora se ufficiale o meno, di un ritorno al sistema di valutazione con le lettere invece che con i numeri, come si faceva nel 2009 prima della Riforma Gelmini.

Rimbalzano anche i vari articoli che sostengono la grande utilità di questo cambiamento perché “il voto in lettere esprime il concetto di evoluzione delle conoscenze e competenze”, come scrive Valentina Santarpia sul Corriere della Sera, “mentre il voto fotografa in maniera statica una situazione[…] Beccarsi una E o una D, invece che un’umiliante insufficienza, dovrebbe essere sentito come un monito: il bambino o la bambina dimostrano di non aver raggiunto o di aver solo parzialmente raggiunto i livelli di apprendimento previsti per quella classe, e quindi devono impegnarsi di più”.

La letterina spinge gli studenti a migliorarsi senza lo stress di una valutazione.

Sarà…

Ma siamo sicuri che non sia il solito fuocherello di buone intenzioni, acceso con il solo scopo di gettare un po’ di fumo negli occhi?

La realtà è che, se mai tornerà in uso, questo sistema di valutazione non cambierà assolutamente nulla: perché non ha proprio nulla di diverso, se non la scelta del metro di misurazione.
Quindi, un po’ alla volta – e inevitabilmente- ogni insegnante tarerà questo nuovo metro sulla base di quello precedente.

Mi spiego meglio.
Se sei un amante della cucina -non dico un pasticcere di alto livello, ma almeno un valido dilettante- sai bene che fare un dolce è un’arte di precisione: le giuste quantità di farina, latte, lievito zucchero e via dicendo…
Una volta che hai la ricetta, è sufficiente la tua fedele bilancia per essere certo di non sbagliare (almeno nell’impasto!)
Ma se la bilancia non funziona?
Per il latte puoi usare un bicchiere, per la farina o lo zucchero un cucchiaio… con un po’ di esperienza, riuscirai a regolarti senza nessuna difficoltà e, se necessario, potrai anche fare a meno della bilancia.
Perché ben presto per te, 100g di farina saranno l’equivalente di 4 cucchiai colmi: facile!

La stessa cosa farà l’insegnante con i voti.

Prenderà questo “nuovo” metro di valutazione e lo adatterà in base alla sua esperienza.
Così, per lui, tutti gli alunni che valutava da 1 a 4 diventeranno delle E, quelli dal 4 al 5 delle D, il 6 sappiamo bene che è una C, il 7 e l’8 si chiameranno B e le eccellenze saranno delle A.
Educativo o meno, questo è quello che succederà.
Che poi, siamo onesti, il voto di per sé non avrebbe nulla di diseducativo. È uno strumento di misurazione, non può essere “sbagliato a priori”.
Dipende da cosa scelgo di misurare e da come lo utilizzo.

Quindi il problema, in realtà, non è la valutazione ma COSA VALUTO e COME LO VALUTO.

COSA VALUTO: se l’oggetto della valutazione sono solo le competenze raggiunte e non i miglioramenti di ogni singolo ragazzo sulla base del suo personale percorso, il problema non si risolverà mai.
Non solo, la maggior parte delle volte, gli insegnanti valutano sulla base di:

Quello che si aspettano dai ragazzi: se sei in prima media e hai 11 anni, ci si aspetta che tu sappia affrontare un certo tipo di consegna. Non importa se non sei pronto, non hai le basi o semplicemente non hai ancora elaborato pienamente un determinato argomento. Devi saperlo fare, punto. Non sai farlo? Il risultato è un 5 o una “D” (chiamala come ti pare, la sostanza non cambia).

L’andamento della classe: se si ha una classe poco interessata, in difficoltà o confusionaria, si finisce per “abbassare il tiro” facendo richieste più semplici e le valutazioni si spostano di conseguenza.
Viceversa, sappiamo bene che in una classe di “eccellenze”, riuscire ad emergere e avere un voto più alto è sempre più difficile. Ma perché succede?
E in questi casi, gli insegnanti cosa stanno valutando?

– Tutto quello che non ha a che fare con gli obiettivi da raggiungere: non voglio spendere troppe parole su questo, ma chiunque neghi che la maggior parte delle volte le valutazioni degli alunni non sono oggettive, è un folle.
Si valuta sulla base della simpatia, del carisma, dell’educazione: non sto dicendo che questi aspetti non siano importanti (anzi!), ma meriterebbero un voto a parte, possibilmente non riduttivo come la “condotta”; non possono essere parte integrante di un giudizio su un’interrogazione o un compito in classe.

Invece, l’idea che un insegnante si fa di un alunno, influisce inevitabilmente (e spesso in modo totalmente irrazionale) sulle sue capacità di giudizio.

Prendi un genitore che, finita scuola, va a ritirare le pagelle.
Di fronte alla docente di matematica che si lamenta dei risultati, il genitore chiede come può essere d’aiuto o cosa può fare di più il figlio, viste le difficoltà.
Encomiabile, no?
Secondo te, cosa avrà risposto l’insegnante? Avrà detto che esercizi può fare per migliorare? O che argomenti deve riprendere in mano o approfondire?
No.
Ha risposto: “Suo figlio? Provi a metterlo sotto una lampada, magari matura”.
Ora: secondo te, quanto potrà mai essere OGGETTIVO il giudizio di questa insegnante?

COME LO VALUTO
Anche qui la situazione non migliora; ecco i problemi più significativi che incontriamo:

Insegnanti di manica stretta o di manica larga? Se il professore in questione è uno “di manica stretta”, di quelli che finora non davano mai più di un 7 (ce ne sono tanti), il suo metro di valutazione si fermerà alla B. Se invece è un sostenitore del “6 per incoraggiamento”, il suo registro fiorirà di C.
Cosa cambia?
In realtà, niente.
Anzi: per molti versi sarà più difficile per i ragazzi rendersi conto se il livello raggiunto in una materia è sufficiente oppure no.
Era già difficile per loro capire cosa distingue un 5 da un 6 (o da un 5 e mezzo o un 6 meno meno, non l’ho mai capito neanch’io!), figuriamoci rendersi conto se la loro preparazione è da C o da D.
E percepiranno in modo ancora più forte il senso di ingiustizia.
Davvero un compito che meriterebbe un 2 è lo stesso di uno da 3 o da 4? O ci sono delle differenze?
Il rischio non è forse che uno studente decida che “tanto vale non studiare”, visto che in ogni caso prenderò una E?
Come vedi, i problemi restano gli stessi.

Il compito non è stato eseguito come richiesto: come ben saprai, ci sono insegnanti che danno una valutazione positiva solo nel caso in cui l’obiettivo sia raggiunto solo nel modo che loro richiedono. Non importa la soluzione del problema, importa che la procedura utilizzata sia quella dettata dal professore. O che le parole usate siano esattamente le stesse della definizione sul libro, da imparare a memoria.
E se così non fosse?
Il risultato non sarebbe pienamente sufficiente; l’obiettivo non completamente raggiunto.

Come avrai capito, siamo ben lontani dal risolvere un problema cambiando il metro di valutazione.
Che fare allora?

– Anzitutto, smettere di perdere tempo dietro queste iniziative inutili che servono solo a distogliere la tua attenzione dalle cose veramente importanti che accadono ogni giorno a scuola.

– In secondo luogo, cominciare a PRETENDERE che il punto centrale del percorso scolastico di tuo figlio -che abbia difficoltà o meno- sia il suo reale apprendimento e il suo successo, indipendentemente dalle valutazioni che riceve (che siano numeri o lettere!).

– Infine, ricordarti che PUOI e DEVI pretendere una scuola che funzioni. Perché prima ancora di essere un OBBLIGO, la scuola dev’essere un DIRITTO (la scuola vera, non quella fatta solo per mettere in pace le coscienze!).

Non sai come fare?
Parla con chi già lo sta facendo, ogni giorno. Non credere a chi ti dice che non ci sono alternative: non le hai mai cercate.
Confrontati invece con chi ha fatto delle scelte importanti e consapevoli: genitori, specialisti, insegnanti.
Molti puoi trovarli “al lavoro” sulla nostra piattaforma: www.wladislessia.com

“La scuola la vorrei senza pagelle e con tante cordiali chiacchierate coi genitori, perché, alla fine, invece di una bella pagella, si abbia un bel ragazzo, cioè un ragazzo libero, sincero, migliore comunque.” – Mario Lodi

 

Alla prossima!

Paola

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