BOOM DI DIAGNOSI DSA O BOOM DI MINCHIATE?

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Lo so, sono sempre il solito sboccato, ma sono davvero stanco di sentire sedicenti personaggi andare in TV o sui giornali a dire stupidaggini sul tema dislessia.

Ti sarà sicuramente capitato in questi giorni di imbatterti in numerosi link in cui si dice che ci sono troppe diagnosi di dislessia e che spesso queste diagnosi sono inventate.

Addirittura i personaggi in questione (tra questi un noto pedagogista a cui non farò mai pubblicità perché di visibilità ne ha pure troppa) arrivano a dire che c’è molta confusione tra disturbo e difficoltà scolastica e che i genitori scelgono la strada semplice per vedere la strada dei figli spianata…

Ma cito un passaggio di un articolo sul fatto quotidiano, così potrai capire meglio di cosa parlo:

“È boom di dislessici, discalculici, disgrafici e disortografici. In Italia il numero di studenti con qualche disturbo specifico dell’apprendimento aumenta: nell’anno scolastico 2016/17 erano 254mila pari al 2,9% degli iscritti. Un dato che va confrontato con quello dell’anno precedente quando, come raccontato da Ilfattoquotidiano.itil numero dei Dsa si fermava a 187mila, il 2,1% degli alunni. Si conferma quindi il forte trend di crescita, visto che solo sette anni fa erano solo lo 0,7% del totale della popolazione scolastica.”

Analizziamo con attenzione questa frase.

E’ boom di dislessici, discalculici, disgrafici e disortografici.

Cacchio se la metti così ti aspetti che ci sia un aumento di 3-4 punti percentuali ed invece stiamo parlando di 0,8%, pari a 67 mila studenti certificati in più.

Ora considerando che in Italia ci sono circa 8,8 milioni di studenti, direi che è un numero ridicolo per gridare allo scandalo o al boom, ma si sa, per qualche click molti sono disposti a tutto.

Ma andiamo avanti.

Si conferma quindi il forte trend di crescita, visto che solo sette anni fa erano solo lo 0,7% del totale della popolazione scolastica.

Qui siamo di fronte al genio totale: paragonare un dato del 2018 rispetto al 2011, quando la legge 170 sulla dislessia era appena stata scritta e per le prime volte si è iniziato a parlare di sensibilizzazione sulla dislessia e sono stati dati per la prima volta a scuola e famiglie gli strumenti per comprendere davvero che tipo di difficoltà avessero i ragazzi.

Dai su, siamo seri, è come dire che ora si vendono più frigoriferi rispetto al 1834 quando Jacob Perkins ha inventato il primo frigorifero domestico.

C’è un pre legge 170 del 2010 ed un post legge 170 del 2010.

Ed ogni volta che sento dire “eh ma una volta non c’erano tutti questi dislessici” mi scorre un brivido sinistro lungo la schiena e mi devo trattenere dal proferire un insulto, ma solo perché sono una persona a modo.

La benedetta legge 170, con tutti i suoi limiti, prima di tutto quello di non aver previsto tra i suoi articoli una conseguenza chiara in caso di inadempienza, è una pietra miliare nel mondo dell’apprendimento e va protetta come la costituzione.

Può essere migliorata? Certo, come tutte le cose. Ma deve essere il punto di partenza di ogni tipo di ragionamento sulla dislessia.

E’ una legge nata per tutelare tuo figlio.

E’ una legge che ha fatto “agitare” il problema. Finalmente si parla di dislessia e finalmente negli ultimi mesi la scuola non guarda più la famiglia con occhi increduli quando si parla di strumenti compensativi e dispensativi.

Finalmente è stata recepita, almeno nella maggior parte dei casi.

Questo significa che tutti gli insegnanti la applicano e non storcono il naso? Certo che no! Ma significa che ormai c’è quanto meno una maggiore informazione su un tema tanto delicato come i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA).

Sempre leggendo tra i vari link che parlano di questo boom ci sono anche delle buone notizie, ovvero:

“Secondo il ministero dell’Istruzione che ha pubblicato un focus sul tema, l’aumento delle certificazioni è dovuta all’introduzione della legge 170 del 2010 grazie alla quale la scuola ha assunto un ruolo di maggiore responsabilità nei confronti degli alunni con questi disturbi, con più formazione per il corpo docente e una sempre maggiore individuazione dei casi sospetti”

Come vedi qui trovi confermato quello che ti dicevo all’inizio, più la legge diventa la stella polare della dislessia e più non viene vista la diagnosi come un qualcosa di cui vergognarsi, ma un passaggio normale come una visita oculistica o una lastra.

D’altronde, se tuo figlio ha qualche difficoltà fisica, stai lì a farti mille pare sull’andare o non andare a farlo vedere?

Purtroppo però, anche grazie a questa stupida disinformazione, molti genitori hanno ancora paura della diagnosi. Hanno paura di marcare i figli in modo indelebile per il resto della loro vita. Si sentono in colpa perché non impareranno come gli altri.

Su questo fanno leva questi personaggi, sulla paura!

Salvo poi suggerire ai genitori di iscriversi alle loro scuole, dicendo che la diagnosi è solo un business.

Ma si può essere più parac**o? Dici che la certificazione (nella maggior parte dei casi FALSA, secondo queste tesi complottare) diventa uno strumento di business nelle mani di molti approfittatori e poi tu proponi la tua scuola. Ma vaffan***o va!

Il tutto peraltro basato su una serie di argomentazioni senza senso.

Ma le persone serie citano dati e non parole a casaccio, quindi mi sono preso la briga di vedere un po’ di percentuali a livello mondiale e capire come si posiziona l’Italia.

Ecco un po’ di dati:

In Italia la percentuale dei ragazzi dislessici oscilla tra il 3 ed il 5%, mentre nei paesi di lingua Inglese, anche per la particolare irregolarità propria della lingua (l’inglese è una lingua opaca, ovvero si scrive in modo diverso da come si parla, ma se vuoi info su inglese e dislessia vai pure a leggerti questo articolo di Debora: BELLO L’INGLESE, SE NON TE LO FANNO ODIARE PRIMA), la percentuale sale al 17%.

HAI CAPITO BENE! DICIASSETTE PER CENTO, ovvero più di dieci punti percentuale in più.

Anche per questo nei paesi anglosassoni c’è un’attenzione spettacolare da moltissimi anni per la dislessia. Per la legislazione che tutela i Dislessici Gran Bretagna ed USA possono essere considerati “Paesi campione”. Sono inequivocabilmente dei punti di riferimento da seguire, anche per la tutela che presentano per il mondo del lavoro.

Gli USA sono il paese in cui, tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, sono stati avviati i primi studi sulla dislessia e gli altri disturbi specifici dell’apprendimento grazie al lavoro del dottor Samuel T. Orton, il primo che ha parlato di dislessia ed ha iniziato ad approfondire il tema.

Nel 1949 nacque in onore di Orton la “The Orton Society”, che poi divenne “International Dyslexia Association”. L’IDA è un’organizzazione che si occupa dello studio e del trattamento dei disturbi di apprendimento, della dislessia e delle disabilità basate sul linguaggio.

Lo scopo di questo gruppo si basa su 3 concetti fondamentali anche noi di W LA DISLESSIA:

  • tutti gli individui hanno il diritto di realizzare il proprio potenziale;
  • le capacità di apprendimento possono essere rafforzate;
  • le barriere sociali, educative e culturali per l’acquisizione e l’uso del   linguaggio devono essere abbattute.

Fonte: https://dyslexiaida.org

Leggi quei 3 punti e dovresti dire: cosa c’è di male nel certificare? Nulla!

La certificazione non ha l’obiettivo di semplificare la vita ai ragazzi.

La certificazione ha anche l’obiettivo di ridurre l’abbandono scolastico, che per un ragazzo con DSA è un nemico pronto ad attaccare dietro l’angolo.

D’altronde se un ragazzo si trova in un ambiente in cui non riesce in nessun modo ad ottenere risultati, quale sarà mai il primo pensiero che farà, se non “voglio allontanarmi da qui il prima possibile”?

Ma tu non ti ricordi i tuoi compagni di classe che facevano fatica a scuola (o tu stesso magari facevi fatica)? Quanti di questi hanno smesso di studiare perché si sono sentiti incapaci o ancora peggio stupidi?

Questo succedeva anche perché non avevano a disposizione la possibilità di avere degli strumenti, che oggi ci sono, che magari avrebbero dato loro la possibilità di riuscire, o almeno di scegliere di smettere di studiare e non vederlo come unica strada da percorrere.

Non serve che ti dica che non tutti i ragazzi dislessici sono studenti bravi e volenterosi vero? Anche tra i DSA c’è chi non ha voglia di fare e non voglio MAI che una famiglia si nasconda dietro alla certificazione se il figlio non si impegna. Ma voglio che tutti i ragazzi abbiano la possibilità di scegliere.

Purtroppo, grazie a campagne sensazionalistiche come quella di questi giorni sul web (lasciando perdere che sono articoli usciti nel 2018 che si riferiscono al 2016/17) ed all’ignoranza che ancora regna sovrana in alcune famiglie, ci sono genitori che ancora non certificano per vergogna e nella tabella sottostante vedrai dei dati interessanti.

 

fonte: http://www.miur.gov.it/documents/20182/991467/FOCUS_Alunni+con+DSA_a.s.+2016_2017_def.pdf/9af5872b-4404-4d56-8ac1-8ffdbee61ef4?version=1.0

Come puoi vedere, il dato 2,9% di studenti certificati è una media nazionale, con differenze enormi da regione a regione e, soprattutto, da Nord a Sud.

Praticamente in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria la dislessia non esiste. O fanno magie oppure semplicemente, e ne ho conferma dalle decine di genitori che seguo in quelle regioni, ancora la dislessia è vista come una malattia o qualcosa da tenere nascosto.

Da tenere nascosto al punto tale da non far certificare i figli.

Fa specie da questo punto di vista il dato sul Veneto, molto basso rispetto alle altre regioni del nord, nonostante sia una regione all’avanguardia sull’ambito. Ma anche in questo caso credo sia ancora una volta un problema culturale e di vergogna.

Va in controtendenza Vicenza, dove fin dal 2010, c’è stata una sensibilità enorme sul tema dislessia, tanto da avere un numero di diagnosi più che doppie rispetto a qualunque altra città veneta. Ed in effetti, parlare di dislessia qui è molto più semplice rispetto a città a solo qualche chilometro di distanza.

Concludo con questo dato e con la relativa tabella.

 

Fino al 2010 l’Italia era al quart’ultimo posto in Europa per quanto riguardava la percentuali di alunni con bisogni educativi specifici (tra questi vengono inseriti anche i portatori di handicap, ritardi o disabilità in generale.

Per fortuna (lo puoi vedere a questo link: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-12-761_it.htm?locale=en) da noi già erano sparite le classi speciali o le scuole speciali, che invece sono ancora presenti in alcuni paesi europei.

Ma se guardi la statistica c’era un’attenzione troppo bassa per i ragazzi in difficoltà.

Per fortuna ora la situazione è cambiata.

Per fortuna esiste la legge 170.

Per fortuna esistono professionisti seri che fanno certificazioni altrettanto serie.

Per fortuna esistono genitori finalmente consapevoli.

Per fortuna un po’ alla volta la vergogna sta lasciando spazio alla serenità di fare il meglio possibile per i figli.

Questo è il nostro lavoro:

Parlare in modo oggettivo e fare capire ai genitori che la diagnosi non è il figlio, ma è una fotografia.

Una fotografia con la quale riuscirà ad ottenere risultati che nemmeno si aspetta.

Ma tutto questo non è sufficiente.

Serve che tu genitore sia preparato, informato e formato per difenderti dai ciarlatani che ti fanno credere che tuo figlio sia sbagliato.

Tu sei ok e lo è anche tuo figlio.

Affidati a professionisti seri e con esperienza conclamata sul campo.

Lavora sull’ambiente di casa.

Lavora sul farlo sentire una persona capace.

Sorprendilo nel fargli vedere quanto sei orgoglioso di lui.

E goditi ogni momento della sua crescita.

E se devi leggere, leggi articoli sensati e non sensazionalistici.

Vuoi vedere un approccio che davvero funziona sul mondo della dislessia? Guarda il video di questa pagina: https://www.wladislessia.com/il-metodo/

Ogni individuo ha il potere di fare del mondo un posto migliore” – Sergio Bambarén

A presto!

Alessandro

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